Uno spazio narrativo per raccontare i punti di vista, le suggestioni, le riflessioni sul continente africano, visto da dentro, dalla voce di chi è stato in Africa, ma anche da fuori, dall’Italia e dalla tanta “africanità” che in essa vive. Un'Africa che vive a sud del Sahara, ma che incontriamo anche sulle nostre strade, nelle nostre città. Un'Africa che, consapevoli o meno, ogni giorno incrocia le nostre vite.

lunedì 20 maggio 2013

Voi non sarete soli

Il 24 aprile Fiorella Mannoia, testimonial della campagna Stand Up for African Mothers, era nel Benin, dove è stata insignita del titolo di Cavaliere dell’Ordine del Consiglio Mondiale del Panafricanismo (CO.MO.PA) per aver contribuito a far conoscere la figura di Thomas Sankara nel nostro paese e per la vicinanza al popolo e alle donne Africane. Ecco un estratto del discorso da lei tenuto in quella occasione.



Sono sempre stata attratta dal Sud, a cominciare da quello del mio paese, ho sempre constatato che il Sud del mondo divide lo stesso triste destino, compreso quello Italiano o come l'America Latina: sempre depredato, derubato, saccheggiato e abbandonato a se stesso. L'Africa però apre un capitolo a parte su questa triste storia dell'umanità, una storia che si cerca in tutti i modi di occultare, di far dimenticare che è la storia dell'Olocausto che ha subito, di cui nessuno parla più, (se mai ne hanno parlato), ed è molto toccante fare questo discorso qui a pochi metri da quella "Porta del non ritorno" in questo paese crocevia di dolore e spiritualità, ma 45 milioni di deportati pesano sulla coscienza dell'Occidente intero e penso che l'Africa meriti anche lei un "Giorno Della Memoria" in cui il mondo intero ricordi e le chieda scusa per tutto questo.
L'Occidente sta attraversando uno dei suoi periodi più bui. Se il comunismo è fallito, anche il capitalismo è fallito, il sistema sta implodendo, stiamo attraversando una grande crisi economica, ma non solo, anche una crisi etica, morale, culturale, e penso sia ora che si cominci a pensare a ridisegnare questo pianeta e a metterci in testa che non è possibile continuare ad accettare che il 20 per cento dell'umanità decida sulla vita e sulla morte del restante 80 per cento di esseri umani, cominciando a redistribuire le risorse smettendo di prendere senza lasciare niente in cambio, lo dovrà fare perchè arriverà il giorno, sempre per ricordare le parole di Thomas Sankara per cui "i poveri e gli esclusi impediranno ai ricchi di mangiare tranquillamente". Io penso che in questa crisi globale, se ci sará qualcosa di nuovo all'orizzonte, non so come, non so quando, ma sono certa verrà da Sud.
Sarà una battaglia dura ma che si combatterà, io penso, con l'unica arma che fa davvero paura, la piú micidiale, la piú temuta, la più osteggiata, la piú ostacolata nella storia dell'umanità, che è l'arma della conoscenza, della cultura, della scuola, è questa la grande sfida che l'Africa e non solo l'Africa, si appresta a fare, perché solo ritrovando l'oroglio di noi stessi,
delle nostre radici, delle nostre tradizioni e soprattutto la veritá della nostra storia, potremmo davvero come diceva Sankara "vivere liberi e vivere degni". E noi - e parlo al plurale perché, nonostante ci sia nel mio paese qualche rigurgito odioso di intolleranza, siamo in tanti ad amare la giustizia, i diritti dell'uomo e questa Terra, che è madre di tutta l'umanità - noi saremo con voi, non sarete soli.



Fiorella Mannoia per AMREF Italia

giovedì 9 maggio 2013

Bodil, Fabiana, Esther e le altre


Quando aspettavo il mio primo figlio, come usa tra primipare, ho fatto un corso preparto. Era tenuto da Bodil, un’osterica svedese che ci mostrava surreali filmati anni ’70 sul travaglio di giunoniche e stoiche gestanti scandinave, ci insegnava a parlare con il nostro pavimento pelvico e ci intimava, rassicurante e spiccia, di rilassarci e stare serene ché tanto il parto è un fatto normale, fisiologico e, soprattutto, con le enormi pance che ci ritrovavamo, ineluttabile.
Dopo Bodil conobbi Fabiana che mi sgridò perché non mi dilatavo («Ho capito, io: tu questo bambino non vuoi fare uscire!») e poi mi accarezzò la testa, come una mamma. Incontrai Letizia che mi insegnò ad allattare, Giovanna che sconfisse le mie ragadi, Simona che mi mostrò come massaggiare mio figlio neonato, poi Barbara, Claudia e Monica e altre ancora. Tre gravidanze, tre parti, tre allattamenti. Di ostetriche ne ho conosciute e frequentate parecchie.
Ho imparato, osservandole e ascoltandole, che fanno un mestiere fondamentale e difficilissimo, fatto di adrenalina e tenerezza, di sapere scientifico e pratico, di empatia e severità, di improvvisazione e sangue freddo, di pazienza e decisionismo. Ho scorto un filo rosso, che le accomuna tutte o quasi, perché il contatto quotidiano con la magia della nascita, e con i buchi neri e le meraviglie che la circondano, insegna a contenere, ad accogliere, a rassicurare e a farsi madri, ogni volta che nasce un bambino e che nasce una mamma. 
Per essere ostetrica bisogna essere fatta di una pasta speciale, dono di poche.
«Piacere, sono Esther Madudu, la famosa ostetrica ugandese», mi ha detto, inghiottendomi in un abbraccio morbido, dentro cui avrei voluto abitare. Esther è un simbolo, candidata da AMREF al Nobel per la Pace del 2015, in rappresentanza di tutte le ostetriche dell’Africa Subsahariana, costrette a lavorare in condizioni difficilissime, spesso senza elettricità, sole e con turni massacranti.
L’ho incontrata a Kampala, la capitale dell’Uganda, durante una cena formale e intimidente. Energica, forte, sorridente. Una di quelle donne al cui fianco non hai più paura di niente. Una di quelle donne che ti incantano, nella loro maestosa semplicità.
In Uganda, di Esther, ne ho vista più d’una. Ne ho incontrate mentre facevano prelievi per il test dell’HIV sulle gestanti, mentre insegnavano la prevenzione e contraccezione, mentre accudivano puerpere bambine, lasciate sole con i loro neonati. Candide, preparate, dedite, consapevoli, leggere e coraggiose. Come Bodil, Fabiana, Giovanna, Simona e le altre, incrociate quassù.
Come loro empatiche, come loro magnetiche, come loro materne. Solo più consapevoli del loro ruolo da giganti, solo costrette a lottare quotidianamente contro difficoltà che nessuna donna e nessuna ostetrica dovrebbe affrontare, solo, più di Bodil e Fabiana, obbligate a tirare fuori un eroismo che a nessuno dovrebbe essere chiesto.

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