Uno spazio narrativo per raccontare i punti di vista, le suggestioni, le riflessioni sul continente africano, visto da dentro, dalla voce di chi è stato in Africa, ma anche da fuori, dall’Italia e dalla tanta “africanità” che in essa vive. Un'Africa che vive a sud del Sahara, ma che incontriamo anche sulle nostre strade, nelle nostre città. Un'Africa che, consapevoli o meno, ogni giorno incrocia le nostre vite.

martedì 23 aprile 2013

Questa è la mia storia. O la nostra?

Profili di uomini e donne di colori e tratti diversi si alternano sullo schermo; i loro capelli si dissolvono in un disegno che evoca luoghi, volti, storie. Sembrano pensieri, o ricordi, forse sono nostri e non della persona ritratta.
Vengono, dice un sottopancia, da Marocco, Nigeria, Ucraina e vanno in Italia, Spagna, Francia.  E dicono: “sono qui nel tuo paese che è anche il mio.  Questa storia non è più solo la mia, è la nostra”.
Al seminario, nella Cineteca di Bologna, del Festival HumanRightsNights, diverse esperienze di comunicazione sociale sono state messe a confronto.
Si è parlato di migrazioni, di integrazione, di diritti. E non c’era differenza tra la mia storia di donna - lavoro, famiglia, impegno sociale – e quella di Gloria che lotta per le stesse cose ma mostrando un colore diverso della pelle, un accento che tradisce una provenienza africana. E così ho pensato che è proprio vero che le parole sono in bianco e nero, non solo su questo blog. Perché la storia di Gloria - dell’Association entre mulheres mundo – è come la mia ma non tanto. Perché lei racconta che ha dovuto lasciare il suo paese, la Nigeria, per sfuggire ad un destino di povertà. Che all’aeroporto, in arrivo dalla Spagna, dove vive da 15 anni, era insieme ad altre persone ma solo lei è stata fermata e solo a lei è stato chiesto il motivo del suo viaggio. Capita, certo. Ma a qualcuno capita di più. E’ contro questa percentuale che stiamo lottando, con le nostre campagne in Africa (per la salute e l’istruzione) e in Italia. 

Paola Ferrara, Direttore della Comunicazione, AMREF Italia

giovedì 18 aprile 2013

Lungo le strade, in Etiopia...

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Lungo le strade, in Etiopia, le strade asfaltate o quelle sterrate, ovunque donne e bambini, pochi uomini, molti animali, camminano. Camminano in mezzo alla savana, a chilometri da un centro abitato visibile, e tu li guardi e ti vien proprio da chiederti: ma dove vanno? Vanno, il più delle volte, a prendere l’acqua, portano a bere le capre le vacche i cammelli. Visitiamo una cisterna fra le acacie e la sabbia: rubinetti di acqua pulita in un punto vicino a più villaggi, il sole è alto e il caldo fortissimo. Arrivano le donne e i bambini con dei bidoni gialli, li riempiono, li caricano sulle spalle reggendoli su dei lunghi bastoni. Hanno tuniche colorate e piedi nudi, collane colorate e bellissime. Una di loro ci racconta che la cisterna è gestita dalla comunità, che è una cosa che ha cambiato le loro vite, che qualche anno fa i chilometri da fare per raggiungere l’acqua erano più di 20, che lei ha perso il bambino che aspettava, una volta, in una di queste camminate. Il nostro arrivo è un evento, come una festa, dopo poche decine di minuti lo spazio si riempie di persone, bambini curiosi e diffidenti, l’aria si gonfia delle storie che tutti vogliono raccontare. Con la terra dentro il naso e in mezzo ai denti, li guardo uno per uno, provo a immaginare le esistenze oltre gli aneddoti, i sogni negli occhi scuri dei ragazzi. Risaliamo sulla jeep, i finestrini chiusi, l’aria condizionata, bottigliette di acqua minerale, entriamo in un villaggio, dentro agli zaini gli appunti presi, le foto scattate, piccoli pezzi di vite. 

Paola Soriga per AMREF Italia


mercoledì 10 aprile 2013

L'Uganda, Esther e il bisogno di ostetriche dell'Africa

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A vederla oggi, l'Uganda non sembra la stessa terra uscita, solo sette anni fa, da una delle più dolorose  guerre civili della storia africana: una guerra durata vent’anni, che  ha  causato  l’uccisione  di  oltre  100mila  persone,  provocando più di  1 milione e mezzo di  sfollati  interni  e  il  rapimento  di  40mila bambini.
--> A vederla oggi, l’Uganda ha ricucito tante ferite: frotte di ragazzini, uomini in bici e donne a piedi sono tornati a popolare le strade che un tempo erano presidiate dai ribelli; ovunque, anche nel bel mezzo di un niente apparente, una donna, con un bambino adagiato sulla schiena e qualche altro che le trotterella dietro, cammina con una tanica d’acqua o un cesto sulla testa, per colmare il bisogno di sopravvivenza quotidiana di una famiglia, una comunità, un villaggio. 
--> Essere madre qui non è una scelta, quasi mai. I figli arrivano quando devono arrivare, come gli acquazzoni di fine pomeriggio e, come gli acquazzoni, vengono accolti con la stessa pazienza di chi sa che la natura e gli eventi si possono solo assecondare. -->  
In Africa, più che altrove, la differenza tra la vita e la morte di una madre passa per un’ostetrica. Si può mettere al mondo una creatura senza un’ospedale, anche senza un medico. Ma senza un’ostetrica, ogni inciampo può finire in un baratro. Esther Madudu, 32 anni, è un'ostetrica formata da AMREF e impiegata dal governo ugandese presso l'Atiriri Health Centre IV, nel distretto di Katine. Il lavoro di Esther non si limita a far nascere i bambini, lei garantisce alle sue Mamas tutti i servizi prenatali: visite, consulenza alle donne sieropositive, educazione alimentare, assistenza e cure neonatali. “Facciamo nascere almeno 50 bambini al mese e visitiamo tra le 35 e le 40 donne al giorno” racconta Esther, che AMREF ha candidato al Nobel per la Pace 2015, in quanto simbolo del lavoro quotidiano delle ostetriche in Africa. “Qui al Centro siamo in due e lavoriamo per dieci. Ce n’è bisogno, non possiamo tirarci indietro. Ma se ci fossero più ostetriche, molte più madri in Africa potrebbero essere salvate”.  
--> Perché il problema è proprio questo: in Africa ci sono tante Esther che lavorano, ma non sono abbastanza.  -->
E’ qui che organizzazioni come AMREF formano il personale sanitario locale: ostetriche di comunità e Community Health Workers che, sulla base di un calendario ben programmato, raggiungono i villaggi più remoti, erogando servizi essenziali come le vaccinazioni, le visite prenatali, i corsi di educazione sessuale e riproduttiva, la formazione igienico-sanitaria domestica. Se è vero che il futuro dell’Africa è in Africa, probabilmente è da qui che può iniziare.   

Valeria Sabato, Ufficio stampa, AMREF Italia



giovedì 4 aprile 2013

ParoleInBiancoeNero


Paola Soriga, autrice di Dove finisce Roma (2012), racconta a Rai Letteratura come nasce il blog  ParoleInBiancoeNero e ricorda il suo viaggio in Etiopia con AMREF, in seguito al quale ha scritto il racconto Fatuma, letto e interpretato su Radio3 a dicembre da Sonia Bergamasco nel corso dello speciale "La nostra Africa".


http://www.letteratura.rai.it/articoli/paroleinbiancoenero/20123/default.aspx

da www.letteratura.rai.it