A causa della nuova guerra civile in atto, la crisi umanitaria in Sud Sudan è gravissima. Attraverso
l'intervento di team chirurgici dei Flying Doctors, AMREF sta provvedendo all'emergenza immediata - la mancanza di medici specialisti e di attrezzature per curare migliaia di feriti e di sfollati - ma al contempo, attraverso le sue scuole, continua a rispondere all'emergenza cronica: il profondo divario tra il bisogno e la disponibilità di cure e personale sanitario. Tommy Simmons, direttore di AMREF Italia, racconta.
Maridi, Sud Sudan, 25 febbraio 2014
Rispetto al Sud Sudan estremo del conflitto, Maridi, cittadina a 180 chilometri ad ovest della capitale Juba, è l’altro versante della madaglia: è un’oasi di pace. Da qui la guerra, le paure per i suoi sviluppi, le tensioni, non paiono esistere.
Chi vi abita e vi lavora sa che più a est e a nord, per motivi politici, forse etnici o economici, e a volte per opportunismo da sciacalli, si combatte e la gente fugge dalla brutalità anche più estrema. Chi sta a Maridi sa che in questo paese di circa dodici milioni di abitanti quasi un milione di persone sono state costrette a lasciare le proprie case, che migliaia di altre sono morte vicino alle loro case, e sa che il paese sta affrontando una crisi che mai si sarebbe immaginato una manciata di anni fa, quando ufficialmente è nato sulle ceneri di decenni di conflitto col Sudan a nord da qui. Ma chi sta a Maridi stenta ad immaginare quanto conosce.
Nelle strade, nei mercati, nelle scuole la vita procede normale. Gli alberi di mango sono stracarichi di frutti ancora acerbi e la preoccupazione dei bambini è la breve, per loro lunga, attesa fino a quando non matureranno, regalando a tutti una stagione di frutti più che sufficienti per tutti e parecchia gioia.
Nelle
scuole di AMREF che siamo venuti a visitare tutto procede regolarmente, seppure l’avvio delle lezioni è stato rimandato per permettere il rientro, dai vari angoli del paese in subbuglio, di studenti e docenti.
Nel
National Health Training Institute, dove vengono formati assistenti medici ed ostetriche, mi ha molto colpito vedere seduti ai loro banchi studenti e studentesse con le uniformi pulite e stirate, i quaderni e i libri di testo aperti, i docenti in piedi alla lavagna. Qualcuno ancora non è arrivato, però la maggioranza è qui, a costruire il proprio futuro e quello del paese nonostante le avversità estreme in un altrove molto vicino. Alla scuola sono rientrati studenti di ogni angolo del paese, e qui convivono, come dovrebbero, etnie che in quell'altrove si combattono.
Anche l’unico
liceo scientifico femminile del Sud Sudan, aperto 14 mesi fa, ha ripreso le attività e tutte le ragazze che hanno completato il primo anno di corso sono rientrate – una gran bella notizia, perché il rischio di perderne qualcuna per strada c’è sempre. Tra dieci giorni arriveranno anche le ragazze che frequenteranno il primo anno della scuola, e il numero di allieve da seguire e tutelare raddoppierà. Le ragazze sono tutte dello Stato dell’Equatoria Occidentale – uno dei dieci stati di questo immenso paese – e mentre in altre zone le preoccupazioni, anche dei più giovani, sono concentrate sulla mera sopravvivenza, qui non pensano che al loro futuro di studentesse e ai loro sogni sulle professioni che seguiranno. Sono tutte molto ambiziose.
A Maridi nel corso delle ultime settimane si è registrato un marcato afflusso di sfollati, in particolare in fuga dalla capitale Juba, ma si tratta soprattutto di gente nata qui, ed è stata riaccolta dalla comunità di origine. Le autorità sono preoccupate dall’aumento di bocche che il mercato deve sfamare e di pazienti spesso senza risorse che l’ospedale deve curare, ma rispetto alle sfide che affrontano altre parti del paese, qui pare di essere in un piccolo eden, in un paese diverso dal Sud Sudan visto solo pochi giorni fa.
Tommy Simmons, Direttore AMREF Italia
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