Lungo
le strade, in Etiopia, le strade asfaltate o quelle sterrate, ovunque donne e
bambini, pochi uomini, molti animali, camminano. Camminano in mezzo alla
savana, a chilometri da un centro abitato visibile, e tu li guardi e ti vien
proprio da chiederti: ma dove vanno? Vanno, il più delle volte, a prendere
l’acqua, portano a bere le capre le vacche i cammelli. Visitiamo una cisterna
fra le acacie e la sabbia: rubinetti di acqua pulita in un punto vicino a più
villaggi, il sole è alto e il caldo fortissimo. Arrivano le donne e i bambini
con dei bidoni gialli, li riempiono, li caricano sulle spalle reggendoli su dei
lunghi bastoni. Hanno tuniche colorate e piedi nudi, collane colorate e
bellissime. Una di loro ci racconta che la cisterna è gestita dalla comunità,
che è una cosa che ha cambiato le loro vite, che qualche anno fa i chilometri
da fare per raggiungere l’acqua erano più di 20, che lei ha perso il bambino
che aspettava, una volta, in una di queste camminate. Il nostro arrivo è un
evento, come una festa, dopo poche decine di minuti lo spazio si riempie di
persone, bambini curiosi e diffidenti, l’aria si gonfia delle storie che tutti
vogliono raccontare. Con la terra dentro il naso e in mezzo ai denti, li guardo
uno per uno, provo a immaginare le esistenze oltre gli aneddoti, i sogni negli
occhi scuri dei ragazzi. Risaliamo sulla jeep, i finestrini chiusi, l’aria
condizionata, bottigliette di acqua minerale, entriamo in un villaggio, dentro
agli zaini gli appunti presi, le foto scattate, piccoli pezzi di vite.
Paola Soriga per AMREF Italia
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