A vederla oggi, l'Uganda non sembra la
stessa terra uscita, solo sette anni fa, da una delle più dolorose guerre civili della storia africana: una
guerra durata vent’anni, che ha causato
l’uccisione di oltre
100mila persone, provocando più di 1 milione e mezzo di sfollati
interni e il
rapimento di 40mila bambini.
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A vederla oggi, l’Uganda
ha ricucito tante ferite: frotte di ragazzini, uomini in bici e donne a piedi
sono tornati a popolare le strade che un tempo erano presidiate dai ribelli;
ovunque, anche nel bel mezzo di un niente apparente, una donna, con un bambino adagiato
sulla schiena e qualche altro che le trotterella dietro, cammina con una tanica
d’acqua o un cesto sulla testa, per colmare il bisogno di sopravvivenza
quotidiana di una famiglia, una comunità, un villaggio.
In Africa, più che altrove, la differenza tra la
vita e la morte di una madre passa per un’ostetrica. Si può mettere al mondo
una creatura senza un’ospedale, anche senza un medico. Ma senza un’ostetrica,
ogni inciampo può finire in un baratro. Esther Madudu, 32 anni, è un'ostetrica formata da
AMREF e impiegata dal governo ugandese presso l'Atiriri Health Centre IV, nel
distretto di Katine. Il lavoro di Esther non si limita a far nascere i bambini,
lei garantisce alle sue Mamas tutti i
servizi prenatali: visite, consulenza alle donne sieropositive, educazione
alimentare, assistenza e cure neonatali. “Facciamo
nascere almeno 50 bambini al mese e visitiamo tra le 35 e le 40 donne al giorno”
racconta Esther, che AMREF ha candidato al Nobel per la Pace 2015, in quanto
simbolo del lavoro quotidiano delle ostetriche in Africa. “Qui al Centro siamo in due e lavoriamo per dieci. Ce n’è bisogno, non
possiamo tirarci indietro. Ma se ci fossero più ostetriche, molte più madri in
Africa potrebbero essere salvate”.
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Perché il problema è
proprio questo: in Africa ci sono tante Esther che lavorano, ma non sono
abbastanza.
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E’ qui
che organizzazioni come AMREF formano il personale sanitario locale: ostetriche
di comunità e Community Health Workers
che, sulla base di un calendario ben programmato, raggiungono i villaggi più
remoti, erogando servizi essenziali come le vaccinazioni, le visite prenatali,
i corsi di educazione sessuale e riproduttiva, la formazione igienico-sanitaria
domestica. Se è vero che il futuro dell’Africa è in Africa, probabilmente è da
qui che può iniziare.
Valeria Sabato, Ufficio stampa, AMREF Italia
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