Profili di uomini e donne di colori e tratti diversi si
alternano sullo schermo; i loro capelli si dissolvono in un disegno che evoca
luoghi, volti, storie. Sembrano pensieri, o ricordi, forse sono nostri e non
della persona ritratta.
Vengono, dice un sottopancia, da Marocco, Nigeria, Ucraina e
vanno in Italia, Spagna, Francia. E
dicono: “sono qui nel tuo paese che è
anche il mio. Questa storia non è più
solo la mia, è la nostra”.
Al
seminario, nella Cineteca di Bologna, del Festival HumanRightsNights, diverse
esperienze di comunicazione sociale sono state messe a confronto.
Si è
parlato di migrazioni, di integrazione, di diritti. E non c’era differenza tra
la mia storia di donna - lavoro, famiglia, impegno sociale – e quella di Gloria
che lotta per le stesse cose ma mostrando un colore diverso della pelle, un
accento che tradisce una provenienza africana. E così ho pensato che è proprio
vero che le parole sono in bianco e nero, non solo su questo blog. Perché la
storia di Gloria - dell’Association entre mulheres mundo – è come la mia ma non
tanto. Perché lei racconta che ha dovuto lasciare il suo paese, la Nigeria, per
sfuggire ad un destino di povertà. Che all’aeroporto, in arrivo dalla Spagna,
dove vive da 15 anni, era insieme ad altre persone ma solo lei è stata fermata
e solo a lei è stato chiesto il motivo del suo viaggio. Capita, certo. Ma a
qualcuno capita di più. E’ contro questa percentuale che stiamo lottando, con
le nostre campagne in Africa (per la salute e l’istruzione) e in Italia.
Paola Ferrara, Direttore della Comunicazione, AMREF Italia
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