Ho seguito la visita di Papa Francesco a Lampedusa, lo scorso lunedì 1 luglio. E ho guardato le immagini, quelle forti viste nei TG dei tanti sbarchi e non solo, quelle viste dal vivo, quelle viste nei viaggi fatti in Africa con AMREF. L’insieme di queste immagini crea un’emozione, un sentimento, una riflessione che va “mantenuta”, approfondita, sulla quale vale la pena interrogarsi e creare magari anche una discussione.
Penso ai tanti uomini e donne e bambini incontrati qui in Italia, e giù in Africa. E alle loro tante, diverse storie. Ai loro percorsi, quelli fatti, quelli da fare.
La visita di Papa Francesco a Lampedusa, isola le cui coste sono quelle degli sbarchi, quelle delle tratte dei migranti, dei contrabbandieri di disperazione, di corpi di uomini, donne, bambini nati e da venire, in fuga. In cerca di riparo.
Penso alle immagini di incontri, di viaggi e di esperienze di lavoro con colleghi africani, ad una forma di una cooperazione e collaborazione che supera e va oltre i confini e genera progetti, sviluppo, miglioramento nelle condizioni di vita di una famiglia, di un villaggio, di una comunità. Di un mondo intero…
Questo è quello che dovremmo continuare a fare, a pensare, a volere. Migliorare le condizioni di vita, partendo dal basso, dalle reali esigenze e necessità di una cultura locale, di tradizioni, e condizioni climatiche ed ambientali, socio economiche e sociali.
Cambiare e progettare e costruire insieme.
Perché è difficile scegliere di recidere i tanti legami, le proprie radici con il paese nel quale sei nato, e spesso cresciuto. Allontanarsi dalla lingua che ti ha insegnato tua madre, quella lingua condivisa con la tua comunità, con un popolo che ti riconosceva uno dei suoi membri.
Ma al tempo stesso è necessario accogliere chi non può rimanere nel proprio paese, in attesa magari di un governo eletto democraticamente, o di interventi che possano generare lavoro, o di sistemi sanitari adeguati, di poter nascere e crescere “con una prospettiva di vita”. Dobbiamo poter offrire un’istruzione per tutti indistintamente, quelle condizioni di vita minime, che sono o perlomeno dovrebbero essere garantite ad ogni uomo, ad ogni donna, ad ogni figlio che viene al mondo.
E troppo spesso non è così.
Invece viene negato anche il diritto di migrare, il diritto di scegliere un paese diverso, il diritto di cercare condizioni di vita migliori.
Quelle barche che partono dall’Africa e arrivano nella nostra Europa, nella nostra bella Italia, anzichè vie di speranza diventano, troppo spesso, vie di morte, come ha detto a Lampedusa Papa Francesco.
Che punta il dito contro quella che da oggi in poi tutti chiameremo “la globalizzazione dell’indifferenza”.
Beh, io odio gli indifferenti…
Gabriella Guido, Ufficio Comunicazione, AMREF Italia
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