Mary non ha più di 13 anni, vive nella baracche dei soldati alle porte di Maridi, in Sud Sudan.
Mary è dinka, meno di due anni fa si è trasferita con tutta la famiglia a Maridi seguendo il lavoro di papà.
Mary non si ricorda bene di Papà, soldato del Sud Sudan, che poco dopo il trasferimento a Maridi fu mandato nella divisione di Jongley State, lasciandola sola con Mamma e gli altri.
Mary non mi parla, ma si capisce al volo che vorrebbe provare la penna che sto usando per scrivere sul quaderno.
Mary è un poco timida. Non mi guarda sempre negli occhi, ma l’infantile curiosità vince su ogni incertezza e s’avvicina. Ma poi scappa via in fretta.
Mary è tornata a sedersi accanto a Mamma sulla panca, sbirciandomi e girando poi il capo per nascondere sorrisi divertiti.
Mary non scappa quando m’avvicino e mi siedo accanto a loro porgendole la penna.
Mary non scappa, no. Mary sapeva che l’avrei seguita, per conoscere la Mamma.
Mary non ringrazia prendendo la penna, ma la guarda e la mette in tasca. Poi la riprende, la guarda di nuovo e prova a scrivere col tappo ancora sulla punta della biro.
Mary non mi guarda intimidita quando tolgo il cappuccio dalla punta e le mostro come scrivere. Mary impugna la penna nuovamente e traccia linee blu sul foglio del quaderno poggiato sulle ginocchia.
Mary ora guarda la mamma, tiene la penna stretta in pugno. La mamma guarda me e mi confida qualcosa in un arabo mischiato, un idioma che forse si trascina i resti dei molteplici trasferimenti.
Mary ci guarda, tutti e tre. Guarda la Mamma, guarda me e guarda Charles, l’operatore AMREF che si è avvicinato per tradurre all’una e alle altre. Le confidenze sulla vita di Mary, sul suo presente e il prossimo futuro.
Mary mi guarda mentre ascolto le parole in Inglese di Charles, Mary che non frequenta la scuola, Mary che deve aiutare la Mamma a prendersi cura dei fratelli e delle sorelle più giovani.
Mary ora si alza dalla panca dell’ingresso del Dipartimento di Maternità pronta a seguire la Mamma, che ci saluta dopo aver ricevuto i risultati degli esami.
Mary mi saluta da lontano con la il braccio alzato e la penna in pugno mentre s’allontana con la Mamma che ha accompagnato all’Ospedale di Maridi.
Mary presto avrà un altro fratellino o forse una nuova sorellina di cui prendersi cura.
Dedicato a tutte le Mary del Sud Sudan.
Cristina Raho, Project Manager – Programme Unit, AMREF Italia
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