Arriviamo al dispensario di Ilatu nel distretto di Makindu, Kenya, intorno alle 11, dopo circa 2 ore di macchina su strada sterrata, circondati da arbusti, baobab e tanta polvere di terra rossa. Siamo a 40 chilometri dalla città di Makindu, dove si trova l’unico ospedale della zona.
In quest’area la siccità e il caldo si fanno particolarmente sentire, la popolazione sta attendendo le piogge previste per fine mese e ha iniziato a preparare il terreno per le piccole coltivazioni. Chissà come andrà quest'anno... Negli ultimi cinque anni la pioggia è stata poca, comunque inferiore alla media stagionale...
Certo, viaggiando per queste strade ci si rende conto di quanto l’acqua sia fondamentale per tutto, di quanto senza acqua non si possa andare lontano, tanto meno camminare sotto il sole cocente con un figlio in grembo. Ricordo la mia di gravidanza a giugno, al 9° mese, con il fiatone e il caldo; mi ci voleva sempre un gelato nel breve tragitto di 20 minuti a piedi da casa all’ospedale per il monitoraggio.
Le donne che attendono pazientemente il loro turno di visita all’ombra di una acacia davanti al dispensario sono in silenzio, sanno della nostra visita e ci scrutano. Sono una quarantina, fiere, composte, con i bimbi in braccio o legati sulla schiena.
Il dispensario di Ilatu è una semplice costruzione di mattoni con due stanze per le visite e null’altro, ed è il punto di riferimento per circa 9.000 persone. Non c’è acqua potabile, non ci sono servizi igienici. Ci si rende conto subito che di tratta di una struttura povera, un avamposto; di proprietà del Ministero della Salute e gestito da Mwangia, un'infermiera professionale. E’ utilizzato da AMREF come punto di appoggio due volte al mese, per visitare donne e bambini, vaccinare, istruire le mamme durante la gravidanza e convincerle a partorire in una struttura sanitaria in modo più sicuro.
Mwangia è aiutata da quattro operatori sanitari comunitari (Community Health Workers) aderenti al progetto di AMREF ed incaricati di istruire le mamme nelle varie fasi della visita a loro e ai loro bambini. Durante la prima visita di monitoraggio della crescita del bambino viene loro consegnato un libretto per raccogliere e aggiornare le informazioni relative alla salute del bambino, che viene aggiornato di volta in volta dall’operatore sanitario. I bambini sono pesati uno ad uno con una bilancia appesa ad un albero. Due operatori tentano di distrarre i bimbi per evitare – con poca fortuna – i pianti sfrenati dei piccoli che si trovano, loro malgrado, sospesi nel vuoto, infilati in una sorta di salopette per essere appesi e pesati. O forse piangono ancora di più per la presenza di adulti stranamente bianchi, che non sono ancora abituati a vedere in queste zone così difficili e remote.
Dopo la pesa, i bimbi vengono misurati nella parte alta del braccio con il braccialetto usato per valutare la malnutrizione. Questo strumento è particolarmente utile in situazioni in cui altre apparecchiature non sono disponibili, o se non sono note con precisione le date di nascita dei bambini. Il libretto per monitorare la crescita dei bambini, che è distribuito dai CHWs alle neo mamme, viene aggiornato con il peso odierno. Una degli operatori sanitari spiega alle mamme in attesa l’importanza di conservare e portare sempre con sé il libretto sanitario per loro e i loro bambini. Il semplice uso di questo mezzo rappresenta una innovazione in questo distretto, che mira a colmare un po’ quella carenza di informazioni demografiche e sanitarie dei membri di questa comunità.
Mwangia intanto è impegnata in une delle due stanze con le vaccinazioni dei bambini. È il turno di Mwongeca Mulandi, un bel maschietto di circa 1 anno e quasi 12 chili di peso. La mamma ha seguito i consigli ricevuti dagli operatori sanitari e lo ha allattato esclusivamente al seno fino a 7 mesi, portandolo a visitare e vaccinare. I bambini sono segnati nel registro delle vaccinazioni del distretto insieme ai loro dati e quelli dei genitori, e Mwongeca è il 25° di questa mattina.
Lentamente mi avvicino ad alla seconda stanza, è in corso una visita ad una donna in gravidanza avanzata, se ne occupa Mauva, un’ostetrica professionale che aiuta Mwangia al dispensario. Chiedo gentilmente il permesso di entrare, che mi viene concesso con un sorriso e mi trovo faccia a faccia con un enorme pancione e una mamma di 25 anni che lo accarezza orgogliosa sdraiata sul lettino. Il suo nome è Ngina, e alla sua giovane età è già mamma di 4 bambini. Questa è però la prima gravidanza assistita, con visite di controllo, il test per l’HIV ogni 6 mesi e lo screening per il cancro alla cervice che sarà eseguito 2 mesi dopo il parto. Ngina mi racconta del cambiamento avvenuto nella sua vita: grazie alle visite a casa dei CHWs e delle levatrici tradizionali, si è convinta che era importante per la sua salute e quella del suo bambino essere assistita durante questa gravidanza. Insieme al marito, ha partecipato agli incontri sul family planning organizzati dai CHWs, Insieme hanno deciso che dopo il parto useranno un metodo anticoncezionale, suggeritogli da Mauva con impianto sottocutaneo per il rilascio di ormoni con una durata di 3 anni. Ngina sa anche che questo non può proteggerla da malattie trasmesse sessualmente come l’AIDS, vorrebbe chiedere al marito di utilizzare il preservativo.
Sono stupita dalla forza e dalla convinzione di questa giovane donna, e tutto questo mi convince ancora di più dell’importanza di raggiungere ogni angolo remoto di questo magnifico ma tanto difficile paese, con servizi clinici adeguati e la formazione dei CHWs.
Sono 8 anni che lavoro con AMREF in Italia e mi occupo del monitoraggio dei progetti di sviluppo come questo. Molti risultati acquisiti nel corso degli anni dimostrato che coinvolgere la comunità in qualità di partner consente di accelerare i progressi verso il raggiungimento degli obiettivi del millennio per la salute. Le persone delle comunità formate come operatori sanitari hanno una grande importanza nel fornire quell’assistenza che è spesso vitale per le persone che vivono in realtà con risorse insufficienti. Sono il mezzo per colmare il divario tra i sistemi sanitari e le comunità rurali svantaggiate; per migliorare l'accesso alla sanità di buona qualità, soprattutto in ambito materno-infantile, nelle vaccinazioni, nell'alimentazione, nei servizi di pronto soccorso.
Forse è proprio questa la strada affinché la desiderata "Salute per tutti" qui diventi una realtà.
Roberta Bernocco, Project Manager – Programme Unit, AMREF Italia
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