Uno spazio narrativo per raccontare i punti di vista, le suggestioni, le riflessioni sul continente africano, visto da dentro, dalla voce di chi è stato in Africa, ma anche da fuori, dall’Italia e dalla tanta “africanità” che in essa vive. Un'Africa che vive a sud del Sahara, ma che incontriamo anche sulle nostre strade, nelle nostre città. Un'Africa che, consapevoli o meno, ogni giorno incrocia le nostre vite.

giovedì 7 marzo 2013

Partiamo


Elasti
Quasi sei mesi fa partivo per l’Uganda con AMREF
Mi avevano telefonato un giorno d’estate. «Vieni?», avevano chiesto.
Avevo un’idea approssimativa dell’Uganda e quel poco che sapevo - ebola, malaria, guerra civile ventennale, bambini soldato, un film bellissimo e violento su un dittatore sanguinario – mi faceva una gran paura. Nei confronti di AMREF, di cui pure conoscevo poco, avevo un pregiudizio positivo che al momento mi bastò. Ci sono sì inevitabili, grati, incoscienti, precipitosi, ineluttabili. Il mio fu uno di quelli. «Certo che vengo», risposi.
 Il medico del centro vaccinale alzò gli occhi al cielo, chiese perché io, madre di famiglia, avessi deciso di correre tutti quei rischi e mi prescrisse otto vaccinazioni che non feci. La mia amica Giovanna, che condivide il destino di tre figli maschi e piccoli, mi spiegò che, per una fuga, c’erano mete ben più amene e mi salutò inghiottendomi in un abbraccio lacrimoso e definitivo. Mio figlio infilò nella mia valigia Darth Vader perché, quando il gioco si fa duro, non resta che appellarsi al lato oscuro della Forza. La vicina di casa mi definì irresponsabile, un collega, pensando di fare cosa gradita, mi inviò una mail con l’elenco dei sintomi della febbre emorragica, mio padre non fece in tempo a vedermi partire ma – lo so- avrebbe scosso la testa e avrebbe detto: «Tu sei completamente pazza» e poi avrebbe sorriso.
Così partii, per un posto che sapevo a malapena collocare sulla carta dell’Africa, un po’ turbata dall’inquietudine mia e soprattutto altrui.
Nei sei giorni in Uganda ho visto bambini soldato diventati uomini e donne, bambine divenute madri, alunni seduti ai banchi di scuola, con i monelli in punizione in prima fila, ragazze ambiziose, donne a cui vorrei somigliare e donne insopportabili, uomini respingenti e uomini per bene, nonne quarantenni che dicono «Sono vecchia e stanca», quindicenni spavalde alla conquista del futuro e quindicenni spezzate prima ancora di affacciarsi sul serio alla vita. Ho fotografato un treenne, grande quanto mio figlio piccolo, che lanciava sassi contro la nostra jeep, perché la trasgressione è un impulso irresistibile a qualsiasi latitudine, un’ostetrica che visitava, dentro una capanna, una madre alla sesta gravidanza, la pesata di un neonato, su una bilancia agganciata al ramo di un albero.
Ho parlato, ascoltato, interrogato, riso, scherzato, confidato, condiviso. Ho scambiato numeri di telefono, indirizzi mail, promesse di amicizia.
Non ho mai avuto nostalgia di casa e non ho mai avuto paura.
A volte mi sono sentita inutile, inopportuna, impreparata. Spesso non capivo. Perché era tutto troppo nuovo, troppo diverso, troppo lontano. E per questo, per capire, avrei voluto e dovuto fermarmi di più.
«Ma cosa si può fare per l’Uganda, per l’Africa? Che cosa posso fare io? E cosa possono fare il medico del centro vaccinale, Giovanna, la vicina di casa, il collega?», ho chiesto l’ultimo giorno, di pessimo umore, come succede sempre alla fine di una cosa bella.
«Il modo migliore per cominciare ad aiutare l’Africa è partire e venire a conoscerla», mi hanno risposto.
E io credo sia vero. Perché spesso per avvicinarci, con empatia, apertura, curiosità e disponibilità alle cose, abbiamo bisogno di toccarle, annusarle, assaggiarle. Solo così, allontaniamo la diffidenza e la paura. Solo così, dopo, viene voglia di tendere una mano. 

Elasti 

1 commento:

  1. «Il modo migliore per cominciare ad aiutare l’Africa è partire e venire a conoscerla», mi hanno risposto... ed è proprio così! qui c'è l'esperienza di quasi un anno di Togo, tra mamme-bambine e bambini del villaggio, dove nn c'è niente ma a volte c'è tutto quello che conta: http://unastoriadainventare.blogspot.it/
    se puoi passa per una lettura. ciao

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